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1. Su chi oggi tratta della materia delle pensioni grava un preliminare dovere di sincerità. La materia è tanto complessa e sottoposta a spinte così numerose e contraddittorie da far risultare molto difficile, se non impossibile, ricostruire un quadro nitido ed organico dell’insieme delle tutele pensionistiche e, ancor di più, individuare prospettive di sviluppo che siano, al tempo stesso, utili e realistiche: utili rispetto alle peculiarità della questione sociale di questo inizio del terzo millennio; realistiche in quanto capaci di raccogliere un sufficiente consenso politico e collocarsi in un quadro finanziario sostenibile.
Sottolinearlo subito risponde ad un’esigenza di chiarezza, senza che questo possa fungere da alibi per celare i propri soggettivi limiti nel tentare una qualche sistemazione della materia. Considerando quanto si è detto e scritto a cavallo del passaggio dal 2017 al 2018, con l’intenzione di tracciare un bilancio del vecchio anno e dar conto delle prospettive del nuovo anno, si ha la sensazione di una materia (come sempre) in movimento.
Il 2017 è stato un anno di interventi legislativi su pensioni e dintorni e altrettanto avverrà nel 2018, anche grazie alla recente legge di bilancio fonte di processi che potrebbero portare a significative innovazioni nonché di aggiustamenti già ora applicabili. Più in generale cosa accadrà?
Nella campagna elettorale le pensioni sono state tirate da una parte e dall’altra: l’invecchiamento della popolazione è, ovviamente, anche invecchiamento del corpo elettorale (con la frazione degli elettori più avanti negli anni più propensa ad esercitare il diritto di volto). Chi saprà resistere e tenersi lontano dalla demagogia, ora che si è aperta la fase post-elettorale? Ciò, peraltro, in una situazione in cui non può negarsi che l’ordinamento pensionistico avrebbe bisogno di una manutenzione, anche straordinaria su di alcuni aspetti.