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Abstract
Il saggio prende le mosse dalla sentenza della Corte costituzionale n. 194/2018 sulle c.d. tutele crescenti, al fine di analizzare le recenti ordinanze di rimessione alla Corte di Giustizia e alla Corte costituzionale dei Tribunali di Milano e di Napoli aventi ad oggetto la legittimità del diverso regime rimediale e processuale, previsto in caso di illegittimità del licenziamento collettivo in violazione dei criteri di scelta, e applicabile ai lavoratori licenziati contestualmente in ragione della data di assunzione. La previsione dell’Autore sull’esito della nuova questione di legittimità costituzionale e delle due questioni di pregiudizialità europea è che non sortiranno gli effetti dirompenti sperati dai giudici remittenti. Da una parte, poiché è chiaro l’orientamento della Corte costituzionale sulla non configurabilità del rimedio della reintegrazione come diritto fondamentale di rilevanza costituzionale; e, dall’altra, poiché la Corte di giustizia è troppo restia a pronunciarsi su questioni che hanno forti ricadute sul diritto domestico, come quella sul regime rimediale. La materia, però, eccessivamente rimaneggiata e frammentata, richiede un chiaro intervento legislativo di razionalizzazione che, secondo l’Autore, dovrebbe tenere conto che alle diversità delle fattispecie giustificative del licenziamento non può che corrispondere una diversificazione dei rimedi. A tal proposito, l’Autore analizza, nei due paragrafi finali, il licenziamento per colpa soggettiva del lavoratore e il licenziamento per ragioni economiche, auspicando, nel primo caso, il ripristino delle due ipotesi rimediali contemplate da quest’ultima, in nome del ripristino di un bilanciamento fra poteri datoriali e diritti del singolo lavoratore, e, soprattutto, di una riaffermata centralità della regolazione affidata all’autonomia negoziale collettiva come integrazione del precetto legale; e suggerendo, nel secondo, che l’intervento del legislatore vada nel senso di prevedere un unico rimedio unitario, di tipo meramente indennitario.
The Contract with an Increasing Protection in the Pincer of the Double Prejudice
The essay starts from the judgment of the Italian Constitutional Court no. 194/2018 on the Italian Jobs act and unfair dismissal remedies, with the aim to analyze the recent referring orders of the Tribunals of Milan and Naples to the European Court of Justice and the Italian Constitutional Court dealing, specifically, with the legitimacy of the different remedies in case of collective dismissal for violation of the selection criteria depending on the hiring date of the employees. The forecast of the Author about the outcomes of these judgments is that there will not be the disruptive effects hoped by the Italian remitting judges. From one
side, because of the clear Constitutional court’s position on the absence of a constitutional fundamental right to reintegration; and, from the other, because the Court of justice is usually unwilling to decide on issues that might have so many effects on domestic legal systems. However, the matter, excessively emended and fragmented, needs a legislative intervention that, for the Author, should consider different remedies for different cases of dismissal. About that, the Author analyses, in the two final sections, the dismissal for sub428 saggi jective reasons and the dismissal for economic reasons, hoping, for the first case, the revival of the two hypothesis of remedies, to guarantee the balance between employer powers and employee’ rights but, above all, the central role of collective bargaining autonomy; and suggesting, in the second case, to provide a single remedy, merely economic.