La didattica a distanza fra insicurezze e potenzialità*

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Sommario: 1. La DaD nelle Università al tempo del Covid-19: un problema globale. 2. La DaD come generatore di diseguaglianze e di (qualche) opportunità. 3. Una Dad, mille DaD. 4. L’approccio dell’Università di Napoli Federico II: il potenziamento degli strumenti già esistenti. 5. Segue. La didattica blended fra bilanci e prospettive. 6. Spunti giuslavoristici: la sicurezza degli smart teachers e degli smart students. 

1. La DaD nelle Università al tempo del Covid-19: un problema globale

Secondo i dati di una ricerca condotta nel 2020 da U-Multirank1, che copre quasi 1.800 Università di 92 Paesi, circa il 60% delle Università già prima del Covid-19 si era data delle regole per la didattica a distanza (DaD), mentre solo un terzo forniva corsi completi da remoto. La capacità degli Atenei di sostituire l’offerta dei tradizionali programmi formativi “face to face” con quella on line si è dimostrata una fondamentale risposta strategica alla pandemia. Altri dati interessanti si ritrovano nella ricerca svolta dall’International Association of Universities, dal titolo The Impact of COVID-19 on Higher Education around the World, pubblicata a maggio 20202. Secondo questo rapporto, in quasi tutti gli Istituti di alta istruzione, il Covid-19 ha avuto un impatto sulla didattica, mentre solo il 2% degli Atenei ha dichiarato di non essere stato interessato. Quattro dei sette Atenei che hanno affermato di non aver subito conseguenze sulla didattica a causa della pandemia sono telematici, degli altri tre, tutti tradizionali, uno ha risposto che le strutture universitarie sono rimaste accessibili, mentre gli altre due hanno dichiarato che le loro strutture sono state chiuse. Il fatto che questi due Atenei abbiano risposto che la didattica non è stata influenzata dall’emergenza sanitaria, nonostante le loro sedi fossero chiuse, è sorprendente. Due terzi degli intervistati hanno affermato che l’insegnamento in aula è stato sostituito dalla DaD e un quarto che la maggior parte delle attività è attualmente sospesa, ma l’istituzione sta lavorando alla ricerca di soluzioni per continuare a erogare la didattica, attraverso mezzi digitali o di autoapprendimento. Solo il 7% ha riferito che l’erogazione della didattica è stata sospesa. Questi risultati dimostrano che due terzi delle istituzioni universitarie sono state in grado di garantire il passaggio alla didattica on line. 

2. La DaD come generatore di diseguaglianze e di (qualche) opportunità

Interessanti sono i dati su base regionale forniti da questa ricerca che inevitabilmente colpiscono chi ha sensibilità sociali. Da tali evidenze si deduce che la DaD ha sostituito la didattica in presenza (DiP) in maniera cospicua nelle aree geografiche più sviluppate come l’Europa e le Americhe ove, rispettivamente, l’85 e il 72% delle lezioni si sono svolte a distanza, mentre le percentuali dell’area Asia e Pacifico e dell’Africa sono più basse o, nel secondo caso, molto inferiori, attestandosi al 60 e al 29%. Da questi dati si evince che la pandemia ha generato diseguaglianze nell’erogazione della DaD dovute soprattutto alle attrezzature e all’accesso alla rete. Da un lato, l’indagine ha consentito d’identificare gli Atenei che non sono in grado di convertire on line l’offerta didattica perché i loro studenti semplicemente non hanno accesso a Internet e ciò accade in particolare in Africa. In questi casi, in presenza di misure di isolamento o distanziamento sociale, la didattica è sospesa e non sembra realistico che gli studenti di quegli Atenei riescano a completare l’anno accademico.