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Sommario: 1. L’antefatto. 2. Il nuovo contesto. 3. Il contenuto del contratto quadro. 4. (Segue) I comparti e le aree dirigenziali (artt. 2-7, 12). 5. (Segue) L’articolazione interna dei contratti nazionali (art. 8). 6. (Segue) Rappresentatività e ammissione alla contrattazione (artt. 9-11).
1. L’antefatto
Il contratto collettivo nazionale quadro 13/09/2016 ha definito numero e composizione dei comparti e delle aree dirigenziali di contrattazione collettiva nazionale per il triennio 2016-2018 e rappresenta l’avvio ufficiale di una stagione contrattuale dopo il blocco istituito con d.l. 31 maggio 2010 n. 78.
Questa funzione cui assolve non è rilevante tanto perché è naturale che ad ogni rinnovo si sia proceduto a definire in un accordo gli ambiti per i quali si negozieranno i contratti collettivi nazionali del pubblico impiego contrattualizzato, quanto perché esso è il segno concreto e visibile che qualcosa si è mosso da quel 2010, tanto da indurre le parti ad adempiere ad un obbligo di legge che era stato previsto fin dal d.lgs. 27 ottobre 2009 n. 150, ma che non era stato finora onorato proprio in ragione del fatto che era stato ritenuto superfluo in presenza di un blocco del contratto nazionale.
Le ragioni di questo rinvio, in verità, derivavano anche dagli effetti diretti che la riduzione del numero dei comparti e delle aree dirigenziali di contrattazione collettiva avrebbe avuto sulla rappresentatività delle organizzazioni sindacali, in ragione del più esteso ambito entro cui misurarla; come anche da quelli indiretti che ciò avrebbe determinato sul riconoscimento delle prerogative sindacali (che sono attribuite, come si sa, alle sole organizzazioni rappresentative), ma anche presumibilmente sulla sorte associativa che organizzazioni non più rappresentative avrebbero potuto vivere. Come si sa, la riduzione del numero dei comparti faceva parte di quel pacchetto “Brunetta-Tremonti” che alla prima conclamazione della crisi finanziaria era intervenuto sul testo del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 accentuando, per quanto qui interessa, le procedure di controllo ad entrambi i livelli del modello di relazioni sindacali e, nella prospettiva della riduzione dei centri di costo, prevedendo non solo la riduzione di comparti ed aree ma anche la individuazione del numero massimo cui la contrattazione collettiva avrebbe dovuto attenersi.
Pur all’interno di un modello di relazioni sindacali fortemente proceduralizzato dalla legge, come quello che fin dalla riforma del 1993 caratterizza il settore del lavoro pubblico, l’intervento del d.lgs. 150/2009 ha un carattere di ingerenza superiore a quello precedente in quanto pone precisi paletti alla contrattazione collettiva chiedendole peraltro di farsi carico anche dell’ampliamento operato in precedenza dalla stessa legge: nel 1999 con la istituzione del comparto AFAM (scorporato dal comparto Scuola dalla legge 21 dicembre 1999 n. 508), del comparto Agenzie fiscali (scorporato dal comparto Ministeri dal d.lgs. 30 luglio 1999 n. 300), del comparto Presidenza del Consiglio dei Ministri dal d.lgs. 30 luglio 1999 (anch’esso scorporato dal comparto Ministeri), ma caso isolato rispetto ai precedenti, confermato anche dal d.lgs. 150/2009.