Scarica il PDF
Sommario: 1. Il contesto. 2. La direttiva digital tools. 3. La direttiva sulle operazioni transfrontaliere.
1. Il contesto
Il c.d. Company Package, approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio alla fine della scorsa legislatura, comprende due direttive: la direttiva 2019/1151 che modifica la direttiva quadro sul diritto societario 2017/1132 per quanto riguarda l’impiego degli strumenti e processi digitali nel diritto societario (c.d. direttiva digital tools); e la direttiva 2019/2121 che modifica la stessa direttiva 2017/1132 per quanto riguarda le trasformazioni, le fusioni e le scissioni transfrontaliere. L’intervento in questione si iscrive all’interno di un processo diretto a facilitare la creazione di società di capitali e la mobilità delle stesse all’interno dell’Unione europea che merita di essere brevemente ricordato. Il fatto che la creazione di una società di capitali sia considerata, di per sé, un bene e debba pertanto essere facilitata, era stato già dimostrato dalle proposte di Societas Privata Europaea1, di società a responsabilità limitata con un unico socio (Societas Unius Personae)2, di carta servizi (c.d. e-card)3, tutte naufragate grazie alla tenace resistenza di una parte del Parlamento europeo e dei sindacati.
La circolazione delle società è stata poi favorita dal disruptive caselaw della Corte di giustizia sulla libertà di stabilimento. Nel noto caso Centros4, i giudici di Lussemburgo hanno ritenuto illegittimo (rectius, incompatibile con gli art. 49 e ss. Tfue) il rifiuto delle autorità danesi di registrare una succursale di una società a responsabilità limitata registrata nel Regno unito, al fine di eludere le norme danesi sull’ammontare minimo del capitale sociale. A parere della Corte di giustizia, in assenza di regole comuni, ciascuno Stato può definire le condizioni per la registrazione di una società. Il diritto dell’Unione europea non impone cioè agli Stati membri di registrare solo le società che svolgono una reale attività economica
nel loro territorio (c.d. real seat theory). Una volta registrata, una società ha il diritto di svolgere la propria attività in un altro Stato membro, mediante un’agenzia, una succursale o una filiale.
In Polbud5, la Corte ha poi affermato che la libertà di stabilimento include anche la possibilità per una società registrata in uno Stato membro, di trasferire la propria sede in un altro Stato membro, senza ivi spostare la propria attività economica, qualora la legislazione del paese di destinazione lo consenta (i.e. adotti l’incorporation theory)6. Come è stato osservato, nel caso Polbud non si può nemmeno parlare di un ostacolo alla libertà di scegliere il luogo di svolgimento della propria attività economica, dato che tale attività continua a essere svolta nello Stato d’origine7.