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1. Volendo delimitare l’ambito del mio esame, non mi soffermerò sulla natura della pronuncia della Corte Costituzionale del 23 luglio 2013, n. 231, e sulla sua effettiva riconducibilità tra le sentenze di tipo additivo1 , anche perché credo che la questione classificatoria interessi principalmente la dottrina costituzionalista.
Allo stesso modo, non andrò alla ricerca degli elementi di coerenza/incoerenza e di continuità/discontinuità individuabili nell’evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale. Mi limito ad osservare, al riguardo, che si tratta certamente di un’evoluzione sofferta, che ha dovuto fare i conti non solo con la molteplicità di questioni che nel tempo sono state prospettate sotto diversi profili, ma anche con le rilevanti modifiche intervenute nel quadro normativo ed in quello dei rapporti socio-economici e sindacali, nonché, da ultimo, con una vicenda di forte impatto politico-mediatico, com’è quella che ha dato luogo al giudizio deciso dalla sentenza n. 231 del 20132.
* Il testo riproduce la rielaborazione dell’intervento svolto al convegno AIDLASS su “Le rappresentanze sindacali in azienda”, tenutosi a Roma lo scorso 16 settembre 2013 (v. le relazioni nel sito web dell’AIDLASS).
1Cfr., per diverse valutazioni, CARINCI, “Il buio oltre la siepe”: Corte cost. 23 luglio 2013, n. 231, in DRI, 2013, e MARESCA, Prime osservazioni sul nuovo articolo 19 Stat. Lav.: connessioni e sconnessioni sistemiche, in Adapt e-book series, 2013, p. 1.
2Vicenda che, come ampiamente noto, è stata originata dalla rottura dell’unità sindacale nella categoria-simbolo della contrattazione collettiva e dalla contemporanea apertura di un conflitto senza precedenti tra una importante azienda, la sua organizzazione datoriale ed un sindacato dei lavoratori che ha sempre svolto un ruolo da protagonista anche al di fuori delle relazioni industriali
È questa la ragione per cui, esaminando in sequenza cronologica le sentenze della Corte sul tema, si possono cogliere, volendo, sia le “tracce” di un’evoluzione semplicemente “adeguatrice” ed attenta ai mutamenti intervenuti3 , sia i segni di una vera e propria inversione di prospettiva4 . Ed è questa anche la ragione per cui un giudizio sulla sentenza n. 231 del 2013 in termini di coerenza o incoerenza (continuità o discontinuità) rischierebbe di essere condizionato, anche inconsapevolmente, da elementi di precomprensione non riducibili al mero dato tecnico-giuridico. Intendo, quindi, concentrare il mio commento esclusivamente sul profilo delle conseguenze direttamente prodotte dall’intervento più recente della Consulta sulla disciplina legale delle rappresentanze sindacali in azienda, per evidenziare come tale disciplina, già profondamente innovata dal referendum del 1995 (oltreché dai tentativi intersindacali di introdurre e consolidare il modello delle RSU), perda oramai ogni collegamento con la lettera e la ratio originarie5
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