Il Cnel ieri e oggi

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Sommario: 1. Il dibattito e le scelte alla Costituente. 2. Le modifiche della legge del 1986. 3.

Il dibattito più recente. 4. Proposte di riforma e riattivazione del Cnel dopo il referendum del 2016. 5. Il nuovo Cnel: una fase costituente. 6. Il Cnel e il nuovo contesto economico-sociale e politico. 7. Impegni e attività in prospettiva. 8. Il Board per la competitività nazionale. 9. La blockchain per migliorare la conoscenza del mercato del lavoro. 10. Proposte di cambiamento alle forze sociali e alla politica.

1. Il dibattito e le scelte alla Costituente

Il senso e l’esistenza stessa del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel) sono sempre stati oggetto di valutazioni differenti, spesso opposte, che riflettono concezioni non omogenee delle istituzioni e della democrazia. Lo testimonia già il dibattito alla Costituente, che registra proposte anche molto diverse di eminenti personaggi: dal costituzionalista Mortati a Fanfani, dal sindacalista Di Vittorio a Paratore.
L’individuazione delle funzioni del Cnel e la sua collocazione nell’architettura costituzionale dello Stato avvenivano allora in un contesto difficile: non solo per le tensioni in atto fra le maggiori forze sociali e politiche, ma per il ricordo ancora vivo dell’esperienza corporativa. Infatti lo spettro del Cnel come “terza camera” è tanto incombente quanto esorcizzato nel dibattito e contribuisce a frenare la proposta, pur presente, di attribuire al costituendo Consiglio funzioni forti: di controllo sociale dell’attività economica dell’impresa (Fanfani) o di regolazione diretta. Per esempio: formulare regolamenti per incarico del Parlamento; predisporre disegni di legge di propria iniziativa; giudicare per arbitrati nelle questioni del lavoro; dare pareri obbligatori per tutti i progetti diretti a disciplinare in modo unitario le attività produttive del paese.
Sono significativi i timori, espressi da diverse parti, che il nuovo organismo potesse ostacolare l’opera del Parlamento e pregiudicarne i compiti. Lo stesso Ruini doveva manifestare dubbi sull’obbligo – non solo per il Governo, ma per le Camere – di sentire il parere del Consiglio su “progetti legislativi implicanti direttive permanenti di politica economica e sociale”. Un obbligo – nota Ruini – che non esiste in alcun ordinamento straniero.
Il Presidente Paratore sottolineava, nella sua relazione, la necessità di evitare che il nuovo istituto diventasse un organo corporativo e soprattutto una specie di parlamento degli interessi economici. E riceveva la risposta di Ruini: “il corporativismo non può risorgere, ma è giusto che il Consiglio non arieggi un terzo ramo del Parlamento, con pretesa di essere la camera economica: sarebbe incostituzionale”.
Nel dibattito doveva prevalere l’orientamento di Ruini: qualificare il Cnel come organo ausiliario dei maggiori organi costituzionali dello Stato – Governo e Parlamento – con compiti di consulenza, di proposta e anche di iniziativa legislativa. E Ruini specificava, con una formula rimasta emblematica, che vi sono, per l’attività dello Stato, tre momenti: lo studio, la proposta e la decisione. Il Cnel ha una funzione intermedia: non giunge alla decisione, che spetta nelle loro sfere ad altri organi, ma la sua funzione non è meramente di studio, è piuttosto di preparazione; è come un ponte fra i due momenti: dell’esame e dell’azione. E precisava che questa funzione non è meramente tecnica, perché l’attività di consulenza “richiede la partecipazione delle forze vive e della rappresentanza di interessi; nessuna illusione che per le vie del Cnel si possano eliminare contrasti che hanno profonde e irriducibili radici, ma è doveroso tentare qualche distensione”.