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Sommario: 1. Introduzione. 2. I contratti di prossimità e i rapporti tra legge e contrattazione collettiva e tra contratti collettivi di diverso livello. 3. In particolare sui vincoli di scopo. 4. L’efficacia soggettiva degli accordi di prossimità.
1. Introduzione
Il contratto collettivo di prossimità disciplinato dall’art. 8 della l. 148/2011 è uno strumento che offre alle imprese la possibilità di derogare, entro certi limiti e per specifiche materie, alle disposizioni di legge e di contratto collettivo nazionale per adeguarle alle condizioni e alle esigenze di organizzazione del lavoro di ciascuna azienda. L’articolo 8 l. 148/2011 demanda all’autonomia privata collettiva, ed in particolare alla contrattazione collettiva aziendale o territoriale, il compito di sottoscrivere specifiche intese efficaci erga omnes ed abilitate a derogare alla legge e alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro, con riferimento ad un elenco tassativo di materie1. La norma in questione rappresenta un vero punto di svolta nella regolamentazione dei rapporti di lavoro, poiché affida ai soggetti più vicini alle parti interessate (di qui la denominazione “contrattazione collettiva di prossimità”) “il compito di modulare ed adattare, attraverso intese idonee a derogare alle norme di legge e del contratto collettivo, le tutele dei lavoratori negli specifici contesti produttivi e in relazione alle reali esigenze delle aziende”2. La norma costituisce una rivoluzione dell’ordinamento sindacale italiano con un progressivo abbandono del sistema ccnl a favore di un nuovo equilibrio di potere contrattuale decentrato, con l’obiettivo di superare molte rigidità regolatorie3. Si tratta, infatti, di un intervento legislativo che ha inciso profondamente sulla materia dei rapporti tra contratti collettivi di diverso livello e, ancor più, su quella dei rapporti tra legge e contrattazione collettiva. La norma in esame ha determinato un “radicale rivolgimento del rapporto tra le fonti”4: anche prima del 2011, la giurisprudenza riteneva che i contratti aziendali potessero derogare in peius ai contratti nazionali, fatti salvi i diritti quesiti, ma era assolutamente inimmaginabile che la legge potesse essere derogata in senso peggiorativo dalla contrattazione collettiva. Si verifica, dunque, un vero e proprio rovesciamento del precedente sistema piramidale delle fonti del diritto sindacale, introducendo così nell’ordinamento una tecnica normativa attraverso la quale la norma imperativa (per sua natura inderogabile) diventa derogabile a seguito di un intervento da parte di un’altra fonte normativa espressamente individuata, quale è il contratto collettivo di prossimità a livello aziendale o territoriale5.