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Sommario: 1. Il “segno” politico della riforma e l’identità del Diritto del lavoro. 2. Il nuovo corso legislativo quale reazione alla protratta resistenza a cauti processi di riforma. 3. La reazione difensiva della cultura giuslavoristica. 4. …e della autonomia collettiva. 5. Un rilievo conclusivo.
1. Il “segno” politico della riforma e l’identità del Diritto del lavoro Tutto si può dire dell’accelerato processo di riforma del Diritto del lavoro, intervenuto in questo storico 2015, tranne che non ne sia univoco il segno tecnico e politico, improntato ad una significativa liberalizzazione dei poteri datoriali – in entrata, nella gestione del rapporto e in uscita – accompagnata da una restrizione del ricorso alla CIG (quale strumento improprio di flessibilità) e da “auspici” (per ora solo tali) di politica attiva dell’occupazione.
Il Jobs act presenta, quindi, una marcata discontinuità rispetto al patrimonio normativo preesistente, caratterizzato da una prolungata stagione di garantismo legislativo, contrattual collettivo e giudiziale e da una ricerca delle dosi di flessibilità necessarie al sistema, appunto, nelle pieghe della CIG e addirittura nel lavoro sommerso.
La nuova disciplina legislativa delinea, pertanto, la riscrittura di alcune assi portanti del diritto del lavoro e una sfida evidente alle storiche politiche del lavoro ispirate al verbo garantistico sublimato a partire dallo Statuto dei lavoratori del 1970.
Ho fatto allusione al carattere profondamente innovativo del nuovo corso legislativo non perché voglia enfatizzare la bontà della recente produzione normativa – ché anzi alcuni passaggi sembrano frutto di una eccessiva editoriale accelerazione riformistica e di improvvisazione tecnica, ma perché trovo miopi o strumentali i tentativi di minimizzare la innegabile portata del c.d. Jobs act, così come ingenuo e massimalista è l’assunto della morte incombente o dell’inarrestabile declino del diritto del lavoro, sol perché il punto di arrivo della mediazione legislativa che ne caratterizza la evoluzione è oggi diverso da quello storico, con conseguente, innegabile diluizione di alcune tutele del lavoro in precedenza presidiate in modo stringente.[…]