Di seguito si pubblicano le opinioni di alcuni studiosi europei del Diritto del lavoro che, dopo aver ricordato il contenuto della proposta di direttiva dell’Unione sui salari minimi adeguati dell’ottobre 2020, analizzeranno gli effetti della proposta, dopo la sua eventuale approvazione, nei rispettivi ordinamenti nazionali. I sistemi giuridici presi in considerazione sono quelli di Germania, Italia, Francia e Polonia, esaminati, rispettivamente, da Maximilian Fuchs, Emanuele Menegatti, Thomas Pasquier e Barbara Surdykowska e Łukasz Pisarczyk. La scelta di questi ordinamenti non è casuale. L’attenzione è stata indirizzata a un ordinamento che prevede da lungo tempo una legislazione sul salario minimo (Francia), ad uno che presenta una legislazione in materia molto più recente (Germania), ad un sistema caratterizzato da una tradizione di lungo corso della contrattazione collettiva quale autorità salariale (Italia) ed a quello del più importante degli Stati membri dell’Europa centrale, che soprattutto in passato ha adoperato i livelli salariali come strumento di dumping sociale (Polonia). L’iniziativa editoriale è stata organizzata in collaborazione con l’Italian labour law e-journal, rivista con la quale è stata condivisa la scelta dei contributi e alla quale è destinata la versione in lingua inglese dei medesimi.
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Polonia*
Sommario: 1. Osservazioni introduttive. 2. Caratteristiche generali del salario minimo legale in Polonia. 3. L’impostazione del salario minimo legale. 4.Variazioni, trattenute ed effettivo accesso dei lavoratori al SML. 5. Promozione della contrattazione collettiva per la determinazione del salario. 6. Monitoraggio. 7. Conclusioni.
1. Osservazioni introduttive
Obiettivo del presente contributo è analizzare l’adeguatezza della normativa polacca e la prassi seguita dalle relazioni sindacali in materia di salario minimo, considerando i requisiti introdotti dalla proposta di direttiva europea in tale ambito1 (d’ora in poi,“Proposta”), nonchè illustrare la posizione del governo polacco e delle parti sociali rappresentate nel Social Dialogue Council2. È necessario premettere che il mercato del lavoro polacco consta di 16.555.000 lavoratori e 531.000 disoccupati. Circa 13 milioni sono lavoratori subordinati3. L’economia polacca ha reagito piuttosto bene alle ripetute crisi degli ultimi anni. In effetti, la Polonia ha evitato la recessione ed il tasso di disoccupazione è al livello più basso in Europa4. Ciò nonostante, la qualità del lavoro rappresenta un nodo problematico, specialmente in riferimento al livello di retribuzione e all’efficacia della contrattazione collettiva. Nel 2019 la retribuzione media era pari a 4.918,17 PLN (1100 Euro circa), mentre il salario minimo legale (d’ora in poi denominato “SML” ) nel 2021 ammonta a 2800 PLN (600 euro circa)5. Esso è comunque al di sotto del livello del salario minimo previsto nella maggior parte dei Paesi occidentali. La percentuale di lavoratori subordinati che guadagna soltanto il SML è approssimativamente pari al 13%. Peraltro, la contrattazione collettiva attraversa una crisi molto profonda per un duplice motivo. Anzitutto, concretamente, non c’è diffusione di contrattazione collettiva ad un livello categoriale (l’ultima esperienza di stipula risale al 2014) e nel suo ambito di applicazione rientrano solo circa 200.000 lavoratori subordinati. Oltretutto, anche il numero di accordi aziendali è limitato, dal momento che coprono non più del 15% dei lavoratori subordinati (in realtà, essi si applicano solo ad imprese a partecipazione statale e in grandi aziende, mentre alcuni settori importanti restano esclusi dalla contrattazione)6.