Scarica il PDF
Sommario: 1. Progressi, problemi. 2.Aspetti di metodo. 3.Varietà di banche dati e di forme di utilizzo. 4. Un obiettivo da realizzare: il potenziamento delle banche dati per lo studio del diritto. 5. Due orientamenti opposti: diritto ed economia. 6. Le banche dati per la valutazione della ricerca giuridica: limiti e inconvenienti. 7. Glissez, mortels n’appuyez pas.
1. Progressi, problemi
Dall’entrata in vigore delle nuove norme – principalmente quelle stabilite dalla legge 30 dicembre 2010 n. 240 – concernenti la valutazione della ricerca e della didattica, l’insieme delle conoscenze disponibili intorno alle attività svolte dai professori e dai ricercatori universitari è notevolmente aumentato. Soprattutto dalle azioni svolte nel quadro della “valutazione della qualità della ricerca 2004-2010” (VQR) è venuto un progresso senza precedenti. Si sono affinati, stabiliti, attuati criteri e metodi di lavoro che hanno riscosso ampie adesioni nella comunità scientifica. Grazie a quei criteri e metodi condivisi, alle conoscenze accumulate e alle valutazioni effettuate, si è ridotto il divario che si era accumulato rispetto ad altri Paesi appartenenti all’Unione europea. Si dispone ormai di una base per le decisioni spettanti ai policy-makers, non solo nella logica – cara a Luigi Einaudi – secondo cui bisogna “conoscere per deliberare”, ma anche come limite al potere discrezionale della Politica1
E tuttavia, nell’accademia italiana sembra non esservi consenso sulle modalità con cui proseguire l’esperimento avviato, correggendo alcune inevitabili imperfezioni. Componenti tutt’altro che marginali della comunità scientifica hanno manifestato il timore che quei criteri e metodi di lavoro, che hanno riscosso importanti adesioni e costituiscono quindi un patrimonio condiviso, siano messi a rischio dalle nuove iniziative adottate o prospettate dall’Agenzia cui spetta valutare la ricerca e le università, l’ANVUR. Controverso, in particolare, è lo scenario che l’Agenzia ha prospettato in ordine alla creazione di banche dati per le riviste scientifiche. Viene da più parti paventato l’abbandono, nei fatti se non nei discorsi ufficiali e negli atti di regolazione, del consolidato principio della specializzazione dei saperi scientifici e delle correlative forme di valutazione, qualora venga prescritto l’impiego di criteri e metodi appropriati per altre scienze. Non sono pochi quanti ritengono che, ove questa evenienza si realizzi, si debba chiedere l’intervento dei giudici amministrativi, in una fase in cui l’applicazione delle poco commendevoli regole ministeriali sull’abilitazione scientifica nazionale minaccia già di fare lievitare il contenzioso (che questa fosse la conseguenza assai probabile di quelle regole, era stato segnalato per tempo ai decisori politici e ai loro policy advisors, i quali purtroppo non ne curarono, ma questa è un’altra storia)2
.
.