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Sommario: 1. Scenario. 2. Norme. 3. Decisioni. 4. Rapporti istituzionali e prassi. 5. Ricerche.
1. Scenario
Prosegue, con questo numero, l’esperienza dell’osservatorio sugli intrecci tra diritto del lavoro e strumenti di contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso ospitato, con cadenza annuale, dalla Rivista. L’osservatorio si propone di seguire l’insegnamento di chi ha invitato a considerare il diritto del lavoro come “una finestra sul mondo”, sottolineando che, per occuparsi correttamente del diritto del lavoro, bisogna “avere una idea della società e, appunto, del grande mondo”1. Nel gettare uno sguardo dalla finestra giuslavorista sui fenomeni mafiosi, ci accorgiamo subito che, da un anno a questa parte, il “grande mondo” è cambiato, devastato da una pandemia che, oltre alle innumerevoli vittime, sta lasciando sul campo elevati tassi di povertà e ha messo in crisi il già provato sistema economico italiano. Da subito, i lettori più attenti della criminalità organizzata di stampo mafioso hanno allertato sugli spazi che la stessa potrebbe conquistarsi nel corso della pandemia. Tra tutti i pericolosi intrecci tra pandemia e mafie, ai fini del presente osservatorio ne rilevano, in particolare, tre: la possibilità che le mafie si propongano come forma di “welfare alternativo” a fronte del crescente disagio sociale e dell’incremento della povertà; il rischio che le mafie intercettino gli ingenti contributi erogati dallo Stato e dall’Unione europea per sostenere le attività economiche costrette a sospendere o ridurre la propria attività durante la crisi2; il pericolo di infiltrazioni nell’ambito degli appalti pubblici per la produzione dei beni e la fornitura dei servizi necessari per la prevenzione dei contagi e la cura delle persone malate. Quanto al primo aspetto, viene da più parti sottolineato che la liquidità e i mezzi di cui le mafie dispongono, provenienti spesso da attività illecite, potrebbero essere messi a disposizione di persone bisognose, ciò permetterebbe alle mafie di aumentare il proprio consenso sociale e di crearsi un bacino di potenziali “debitori” a cui, in futuro, si potrà chiedere qualche attività in cambio (ad esempio, a fini elettorali)3.