Sommario: 1. I contenuti della sentenza… 2. …e i suoi argomenti ad adiuvandum. 3. Il potere sanzionatorio nella l. n. 146/1990: il problema della responsabilità disciplinare. 4. L’impronta pubblicistica della l. n. 146/1990 e le prestazioni indispensabili. 5. La discutibile funzionalizzazione del potere disciplinare. 6. Dai limiti interni alla concezione privatistica del potere: un’alternativa alle tesi della Cassazione. 7. Potere disciplinare e valutazione della Commissione. 8. Accertamento dell’infrazione, proporzionalità e regole “particolari”.
1. I contenuti della sentenza…
La sentenza in epigrafe affronta un “classico” della disciplina sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, ossia la relazione tra valutazione della Commissione ex art. 13, co. 1, lett. i), l. n. 146/1990 e responsabilità disciplinare. Una questione densa di implicazioni, intrecciandosi con alcuni dei “grandi temi” al centro del dibattito sulla l. 146: si pensi alla natura giuridica di suddetta responsabilità e, in termini più ampi, alle tecniche per assicurare l’interesse pubblico. Non è difficile, quindi, comprendere le ragioni che rendono la sentenza tanto interessante quanto complessa, suggerendo di ricostruirne, anzitutto, i contenuti.
Sulla scia dell’art. 4, co. 1, l. n. 146/1990, la Corte differenzia la condotta “di chi si astiene dal lavoro aderendo a uno sciopero illegittimamente proclamato” da quella “di chi si astiene dal lavoro in maniera difforme dalla proclamazione legittima”. Distinzione non marginale perché solo le condotte del “primo tipo” sono contemplate dall’art. 13, co. 1, lett. i): norma che abilita la Commissione, valutata negativamente “la condotta delle parti”, a deliberare le sanzioni collettive e a prescrivere l’applicazione delle sanzioni disciplinari. Con la conseguenza – prosegue la Cassazione – che solo per le condotte in parola si instaura un “nesso di consequenzialità” tra “valutazione negativa della condotta sindacale” e “prescrizione al datore di lavoro di procedere in via disciplinare”.