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Sommario: 1. A proposito della Fiat, dell’accesso ai diritti sindacali e della partecipazione alle trattative. 2. Il nuovo art. 19 e l’impossibile “resurrezione” della lettera a). 3. Un (problematico) obbligo di ammissione alle trattative? 4. La sentenza e gli accordi interconfederali del 2011 e del 2013: brevi rilievi su di una relazione non semplice.
1. A proposito della Fiat, dell’accesso ai diritti sindacali e della partecipazione alle trattative
La pronuncia della Corte costituzionale n. 231 del 2013 mette in discussione un aspetto tutt’altro che secondario della strategia perseguita dalla Fiat, successivamente alla sottoscrizione del contratto di Pomigliano d’Arco, nell’estate del 2010: e cioè l’esclusione dell’unica organizzazione sindacale che aveva respinto la “piattaforma” contenutistica – ed il manifesto ideologico – aziendale. Senza che ciò peraltro provochi, almeno per ora, alcuna delle drammatiche conseguenze più volte sottolineate dal management Fiat, fino al totale abbandono dell’Italia.
L’impatto della sentenza sulla vicenda Fiat è evidentemente il primo ad emergere ed il più semplice da cogliere: pressoché l’unico registrato dai media. Tuttavia in questa occasione appare anche molto importante, perché è stata – e resta – la Fiat, con tutta la forza economica, politica e simbolica di cui ancora dispone, a realizzare uno “strappo” in prospettiva esiziale per le sottili e fragili “trame”, su cui reggono, sempre più precariamente, le relazioni industriali in Italia.
Il primo elemento che allora va registrato, a proposito della pronuncia, è la oggettiva difesa dell’assetto storico, realizzata attraverso una reprimenda piuttosto severa del principale contestatore ed anzi demolitore. Aggiungendosi che la demolizione, ovvero la radicale e concreta delegittimazione delle logiche e prassi nazionali del ventesimo secolo, appare in tal caso realizzata, a giudizio di chi scrive, più attraverso la fuoriuscita da Confindustria, di incontestabile legittimità (costituente anzi ipotesi del tutto fisiologica, nelle teoriche dominanti sul fenomeno sindacale e la contrattazione collettiva in Italia), che la serrata contesa con la Fiom, invece in più casi “trascesa” oltre il lecito, secondo molteplici accertamenti giudiziali (dai licenziamenti antisindacali di Melfi; alla discriminazione sindacale di Pomigliano d’Arco; alla indebita esclusione dalle prerogative del titolo terzo dello Statuto, di cui si occupa appunto la Corte costituzionale). Ciò risultando quanto mai rilevatore dei paradossi così come delle contorsioni, cui gli avvenimenti contemporanei costringono, se si vuole restare fedeli agli storici insegnamenti!