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Sommario: 1. Premessa. 2. Spartacus. 3. Sciopero! 4. Tempi moderni. 5. “Operai cinematografici” nell’Italia degli anni Settanta.
1. Premessa
Gli studi di Law and Film1 non sembrano opera di giuristi “in munere alieno”; taluni corsi universitari cercano una “grammatica” di comunicazione con le nuove generazioni, particolarmente sensibili allo strumento visivo. Il cinema è stato definito un “occhiale” per leggere, oltre le forme giuridiche, la “realtà storica”2; si guarda al law in film per cogliere l’esperienza giuridica nella storia, ed al film as law come ad un “oggetto di complesso e capillare ‘disciplinamento’ giuridico”3. “Rappresentare il diritto nella scena virtuale” pare un mezzo efficace di “accreditamento di ‘certe’ visioni dell’ordinamento”4. Rossana Rossanda ha scritto che un film è “imbattibile sul piano emotivo”5; “ri(vedremo)” in questa prospettiva certe “fascinazioni” cinematografiche, scelte perché ci sono parse efficaci nel mostrare un mondo – quello dei lavoratori – immerso nella storia, in una realtà peraltro poco decifrabile, specie alla luce delle ideologie. Del resto, non sappiamo della vita nella fabbrica e fuori delle operaie ed operai del “primo film”, La Sortie de l’usine Lumière6.
2. Spartacus
Spartacus – miglior film nella notte degli Oscar 1961 – girato dal trentenne Stanley Kubrick, è stato scritto da Dalton Trumbo, che si era ispirato all’omonimo romanzo, pubblicato nel 1951 da Howard Fast. Nella stagione narrata da Philip Roth, I married a communist7, lo sceneggiatore Trumbo era nella lista nera di Hollywood; Fast era stato condannato a tre mesi di detenzione per omessa denunzia di attività antiamericane8. Il protagonista del film, Kirk Douglas – ebreo di discendenza slava – nel 1996 ascriverà al successo del kolossal hollywoodiano il suo Oscar alla carriera e la fine della House Un American Activties Committee9. Spartacus mette dunque in scena la più grande organizzazione del lavoro che la storia abbia mai conosciuto; l’antica Roma non avrebbe potuto raggiungere i suoi traguardi senza lo sfruttamento pianificato di milioni di individui, privi di libertà, diritti e proprietà10. Aldo Schiavone ha osservato che “il pensiero degli schiavi romani è per noi un universo perduto. Nessuna voce ci è mai arrivata da quel mondo”11.